Pace a Roma

By Roberto Morea , Roberto Musacchio, Trasformare l'EuropaNovembre 27, 2022

Il 5 novembre si è svolta a Roma una marcia di protesta organizzata da sindacati, movimenti di sinistra, gruppi cattolici e altri attori della società civile. La gigantesca manifestazione per la pace con più di centomila persone è un evento di enorme importanza.

Questo atto di protesta è significativo non solo per l'Italia, dove sta emergendo un'enorme reazione popolare di fronte a un governo di estrema destra e a un governo di centrosinistra sconfitto, diviso e screditato, ma anche per l'Europa, dove la Commissione europea e i governi hanno fallito nel loro ruolo di mediatori nella guerra Russia-Ucraina e si sono sottomessi alla NATO, con l'ambizione di assumere un ruolo di guida militare al fianco degli USA.

La composizione sociale del rally

La manifestazione di Roma ha avuto una composizione sociale eterogenea intorno all'idea che il punto chiave sia insistere su ciò che i potenti, Putin e la Nato in primis, non vogliono, cioè cessate il fuoco e trattative.

Trattative che, come da documento firmato da molti prestigiosi ex diplomatici, partirebbero da un tavolo negoziale e porterebbero a un cessate il fuoco, che prevede il ritiro delle truppe, e la fine delle sanzioni, una conferenza di pace e sicurezza per l'area, lasciando che le popolazioni di il Donbass decide del proprio futuro. Tutto questo sotto la supervisione dell'ONU.

La piattaforma per la manifestazione era ampia ma risoluta sulla questione della pace, del cessate il fuoco e del dialogo.

Posizioni parlamentari sulla guerra

Per chi è abituato al classico bipolarismo parlamentare governo/opposizione non è facile capire come i gruppi parlamentari stiano articolando le loro posizioni.

Se guardiamo ai provvedimenti finora adottati in parlamento, tutti i partiti, esclusi i parlamentari di sinistra (Manifesta e Sinistra Italiana) hanno votato per l'invio di armi e l'appoggio alla guerra in Ucraina. Anche il Movimento 5 Stelle, che pure ha preso parte alla manifestazione, lo ha fatto più volte, per non parlare del Pd che si è imposto come l'alfiere della guerra europea e oggi cerca di trovare un compromesso tra guerra e pace.

Nel campo dell'opposizione, l'appoggio più deciso alla guerra viene dal nuovo gruppo liveralista centrista, Azione, formato dall'ex segretario del Pd e ora leader di Italia Viva, Matteo Renzi, e Carlo Calenda.

L'idea di una contromanifestazione a Milano per la vittoria in Ucraina è venuta da Renzi e Calenda – che si è rivelata un fiasco con poche centinaia di persone. La posizione del Pd è stata imbarazzante e priva di credibilità, presente in entrambe le manifestazioni.

I rappresentanti di destra sono rimasti a casa. Ma dietro il loro ultraatlantismo che difende il potere nordamericano, continuano le loro continue contraddizioni, occasionalmente affioranti a causa dei rapporti 'amichevoli' che sia Berlusconi (Forza Italia) che Salvini (Lega Nord) hanno, in passato, intrattenuto con Mettere in.

Voci dalle strade

La narrazione politica dei mass media nella giornata del 5 novembre è più assurda e fastidiosa che altro. Si cerca di attribuire la mobilitazione a questa o quella figura politica.

La grande manifestazione di Roma non è stata di proprietà del leader M5S ed ex premier Giuseppe Conte, che ha avuto almeno il merito di annunciare subito la sua partecipazione. Tanto meno lo è stata la manifestazione di Enrico Letta, segretario Pd ed ex presidente del Consiglio, che, contestato mentre cercava di partecipare, è apparso patetico. Neppure la manifestazione può essere accreditata a chi, come l'Unione Popolare, è sempre stato fin dall'inizio contro la guerra e le spedizioni di armi. Né lo possono rivendicare coloro che, in una lista congiunta con i Verdi che a livello europeo sono tra i maggiori sostenitori della guerra in Ucraina, cercano di mantenere la posizione pacifista di Sinistra Italiana e dei Verdi italiani. Semmai papa Francesco può giustamente rivendicare un po' di merito: tante erano le associazioni del mondo cattolico presenti in piazza.

Ma “la strada” è stata soprattutto dei movimenti che hanno cercato e costruito la manifestazione, attingendo a un patrimonio prezioso che viene da lontano e può ancora salvarci, attingendo a un sentimento popolare che ancora oggi, nonostante un'incessante campagna propagandistica, vede oltre 60 % di cittadini italiani contrari all'invio di armi e all'aumento della spesa militare.

È stata una manifestazione che ha chiesto la fine della guerra attraverso i negoziati, una protesta contro coloro che ancora si affidano alle armi e al confronto armato come soluzione ai conflitti internazionali, una manifestazione di coloro che chiedono che "la guerra sia bandita dalla storia" in un'Europa che si estende dall'Atlantico agli Urali. Chiedevano giustizia sociale e si opponevano all'appropriazione indebita di risorse economiche per spese militari, con lo slogan 'armi giù, salari su', cantato da gente comune che ha sempre saputo che in guerra c'è chi muore (i poveri) e chi fa denaro (i trafficanti d'armi). I manifestanti erano ugualmente contro Putin, la NATO e tutti coloro che dominano con mezzi militari - e per tutti coloro che soffrono di guerra e ingiustizia - ucraini, russi, palestinesi, curdi e cubani.

Il 5 novembre ci siamo ripresi lo spazio politico in Italia che per decenni aveva servito la causa italiana per decenni. Abbiamo tenuto il più grande raduno pacifista per una soluzione diplomatica in tutta Europa, dove il guerrafondaio più insensato infuria tra le classi dominanti autoproclamate. In un Paese con la destra radicale al governo e un centrosinistra lugubre, è il riemergere di quel movimento che da Comiso a Genova, dalla Jugoslavia all'Iraq, all'Afghanistan, all'Ucraina, ha provato e cerca di impedire una catastrofe e per restituirci la nostra dignità.

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