Parlamento italiano "coeso" sulle missioni neocoloniali

Neocolonialismo italiano in Africa

Di Manlio Dinucci, 21 luglio 2020

Il ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini (Pd) ha espresso grande soddisfazione per il voto “coeso” del Parlamento sulle missioni internazionali. La maggioranza e l'opposizione hanno approvato in forma compatta 40 missioni militari italiane in Europa, Africa, Medio Oriente e Asia, nessun voto contrario e poche astensioni tranne qualche dissenso a sostegno della Guardia costiera di Tripoli. 

Le principali “missioni di mantenimento della pace”, in corso da decenni sulla scia delle guerre USA / NATO (a cui ha partecipato l'Italia) nei Balcani, Afghanistan e Libia, e della guerra israeliana in Libano che fanno parte della stessa strategia, sono stati estesi.

A queste missioni se ne sono aggiunte di nuove: l'operazione militare dell'Unione Europea nel Mediterraneo, formalmente per "prevenire il traffico di armi in Libia"; la missione dell'Unione europea per "supportare l'apparato di sicurezza in Iraq"; la Missione NATO per rafforzare il sostegno ai paesi situati sul fronte meridionale dell'Alleanza.

L'impegno militare italiano nell'Africa sub-sahariana è notevolmente aumentato. Le forze speciali italiane partecipano alla Task Force Takuba, schierata in Mali sotto il comando francese. Operano anche in Niger, Ciad e Burkina Faso, come parte dell'operazione di Barkhane che coinvolge 4,500 soldati francesi, con veicoli corazzati e bombardieri, ufficialmente solo contro le milizie jihadiste.

L'Italia partecipa anche alla Missione dell'Unione Europea, EUTM, che fornisce addestramento militare e “consulenza” alle forze armate del Mali e di altri paesi vicini.

In Niger, l'Italia ha una propria missione bilaterale a supporto delle forze armate e, allo stesso tempo, partecipa alla missione dell'Unione Europea, Eucap Sahel Niger, in un'area geografica che comprende anche Nigeria, Mali, Mauritania, Ciad, Burkina Faso e Benin.

Il Parlamento italiano ha anche approvato l'uso di "una task force aerea e navale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea". L'obiettivo dichiarato è “tutelare gli interessi strategici nazionali in quest'area (leggi gli interessi di Eni), supportando la nave mercantile nazionale in transito”.

Non è un caso che le aree africane, in cui si concentrano le “missioni di peacekeeping”, siano le più ricche di materie prime strategiche - petrolio, gas naturale, uranio, coltan, oro, diamanti, manganese, fosfati e altre - sfruttate da americani e Multinazionali europee. Tuttavia, il loro oligopolio è ora messo in pericolo dalla crescente presenza economica della Cina.

Gli Stati Uniti e le potenze europee, non riuscendo a contrastarla solo con mezzi economici, e allo stesso tempo vedendo diminuire la loro influenza all'interno dei paesi africani, ricorsero alla vecchia ma ancora efficace strategia coloniale: garantire i loro interessi economici con mezzi militari, tra cui sostegno alle élite locali che basano il loro potere sui militari.

Il contrasto con le milizie jihadiste, la motivazione ufficiale per operazioni come quella della Task Force Takuba, è la cortina fumogena dietro la quale si nascondono i veri scopi strategici.

Il governo italiano ha dichiarato che le missioni internazionali servono a "garantire la pace e la sicurezza di queste aree, per la protezione e la salvaguardia delle popolazioni". In realtà, gli interventi militari espongono le popolazioni a ulteriori rischi e, rafforzando i meccanismi di sfruttamento, ne aggravano l'impoverimento, con un conseguente aumento dei flussi migratori verso l'Europa.

L'Italia spende direttamente oltre un miliardo di euro all'anno, forniti (con denaro pubblico) non solo dal Ministero della Difesa, ma anche dai Ministeri degli Interni, dell'Economia e delle Finanze e dal Primo Ministro per mantenere migliaia di uomini e veicoli impegnati nell'esercito missioni. Tuttavia, questa somma è solo la punta dell'iceberg della crescente spesa militare (oltre 25 miliardi all'anno), dovuta all'adeguamento di intere forze armate a questa strategia. Approvato dal Parlamento con unanime consenso bipartisan.

 (il manifesto, 21 luglio 2020)

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