Armi, Sempre Armi, Tantissime Armi da u Manifestu

di  Officina dei Saperi, 27 Settembre 2021

Dal Patto Aukus il via al più grande bazar degli armamenti

Guerre è putiri. Biden spartisce la torta. «Coltellata alla schiena» di u mondu: cun i novi mercati belli più spese militari, più indebitamentu è subalternità di cuntinenti immiseriti. E nuove guerre

Alberto Negri  25.09.2021

Il Patto Aukus tra Stati uniti, Australia e Gran Bretagna ha pruvucatu un terremotu diplomaticu, le riazioni sdegnate della Cina ma in pratica si sta risolvendu in una sorta di bazar di l'armamenti. La cancellazione del contratto dei sottomarini francesi, sostituiti da quelli nucleari americani, ha inviato un messaggio chiaro: gli europei possono vendere armi nell'Indo-Pacifico soltanto con il permesso degli Usa.

L'Italia aveva già mangiato la foglia quando alla Fincantieri non fu assegnata in Australia una mega commessa da 23 miliardi di euro per le fregate Fremm, compensata poi da altri ordini negli stessi Usa, in Egitto e in Qatar. Insomma se stai allineatu è qualchì cosa purti a casa.

Così dopo la telefonata tra Biden e Macron gli americani hanno promesso alla Francia il loro appoggio a una consistente commessa militare in India: i sottomarini francesi, dopo un colloquio tra Macron e il premier indiano Narendra Modi, finiranno in parte a New Delhi. L'India hè un snodo importante per a strategia orientale francese è micca un casu in u partenariatu in l'ultimu decenniu si sò moltiplicate.

Non solo: proprio ieri si è svolto a Washington, per la prima volta in presenza, il vertice del Quad, il quadrilatero della sicurezza con Usa, Giappone India e Australia. Così l'ambasciatore francese tornerà a Washington ea Parigi comincerà à leccarsi le ferite per quella che il ministro degli esteri Le Drian aveva definito nei giorni scorsi «una pugnalata alle spalle».

In realtà a partenariatu di Biden cun gli europei è più di facciata chì sostanziale. Gli Usa, come ha dimostrato il ritiro dall'Afghanistan, hanno relegato la Nato e gli alleati su un piano secondario tenendoli all'oscuro degli accordi veri raggiunti con i talebani a Doha.

Gli Usa fanno le fette di torta delle commesse militari per i loro alleati – che ovviamente devono essere più piccole di quelle di Washington – e non hanno nessuna intenzione di assegnare un ruolo strategico agli europei dell'Indo-Pacifico, neppure alla Francia che nella regione. ha settemila sodati è quasi due milioni di cittadini.

Per addolcire l'amara pillola di Aukus, Biden hà prumessu à Macron ancu l'appoghju americanu à a missione Takuba in Sahel guidata da Parigi. Qui, dove l'Italia sta mandandu truppe scelte, si sta innescandu una partita sempre più cumplessa.

La Francia e gli stati africani non hanno ancora avuto ragione dei jihadisti e si profila la possibilità che il Mali decide di schierare i mercenari russi della Wagner, già presenti in Cirenaica al servizio del generale Haftar, alle porte del Chad e nella repubblica Centrafricana.

Perchè tuttu questu muvimentu? Nel Sahel la torta delle vendite belliche si allarga: sono esplose le importazioni in Burkina Faso e in Mali mentre la Russia rimane il più grande esportatore nella regione e tutte le potenze stanno usando le forniture di armi come strumento di politica estera per aumentare la loro influenza. nell'Africa subsahariana.

Anche la Turchia sta afferrando le sue fette di torta africana vendendo i droni al Marocco, storico alleato di ferro degli Usa al quale Trump ha «regalato» la sovranità sul Sahara Occidentale in cambio dell'ingresso nel Patto di Abramo con Israele: scatenando l' ovvia reazione negativa dell'Algeria perchè è evidente che i droni turchi verranno usati da Rabat contro il Fronte Polisario. Erdogan si prende il suo premio visto che è riuscito a tenere i suoi militari schierati dentro l'aeroporto di Kabul, garantendo uno stivale della Nato dentro all'Afghanistan.

Erdogan, che all'Onu ha appena attaccato a Russia per l'annessione della Crimea, si prepara al vertice di Sochi del 29 settembre con Putin in una posizione oscillante. Si oppone à Mosca in Siria, in Libia, in Azerbaijan, ma allo stesso compra il gas russo e sta trattando con Putin un lotto aggiuntivo di sistemi missilistici di difesa aerea S-400. Un elemento per controbilanciare il Pattu di Abramo volutu dagli Usa che riunisce Israele, Emirati Bahrain, Sudan e Marocco.

Israele e Turchia sono su fronti opposti sulla questione palestinese e Ankara non può ignorare che lo stato ebraico è il beniamino degli americani, tanto è vero che il Congresso ha appena stanziato a favore di Tel Aviv un miliardo di dollari per il sistema di difesa antimissile Iron Cupola. I pochissimi democratici che hanno votato contro sono stati bollati dalla stampa Usa come antisemiti.

La vera strategia è che gli americani, concentrati nel confronto con la Cina, nelle aree di crisi locali di crisi si affidano ad attori regionali, a Israele, in primo luogo, all'Egitto e alla Turchia. Ovvero a Paesi che hanno dimostrato di difendere i loro interessi nazionali calpestando qualunque rispetto dei diritti umani.

Quanto all'Europa, le fantasie sull'esercito europeo sarà presto liquidate e gli Usa sanno benissimo come manovrare Bruxelles: nessun membro dell'Unione europea si è schierato con la Francia sul Patto Aukus. L'autonomia strategica dell'Ue è una favoletta è il massimo cui aspirano gli europei è ritagliarsi fette di torta militari e tecnologiche che incontrino gli interessi americani.

L'unicu a pronunciarsi esplicitamente contro l'Aukus è stato il consigliere di Angela Merkel Christoph Heusgen: lo ha definito «una grande perdita di fiducia nell'amministrazione Biden». Ma Merkel sce di scena è tuttu questu finirà in curiosità da archiviu.

Petizione antimilitarista per un veru cambiamentu

Marinella Correggia  25.09.2021

Dal tempo del Protocollo di Kyoto (1997), il mondo antimilitarista non ha smesso di chiedere che il settore militare e le sue operazioni vengano inclusi negli impegni sul clima, anziché rimanere in un limbo di privilegio e opacità. Al tempo, gli Stati uniti imposero l'esclusione vene cundizione sine qua non per a firma - senza poi cuncederla.

Parallelamente allo spreco mondiale di denaro pubblico (arrivato a due milioni di miliardi di dollari nel 2020), grava sul pianeta una elevatissima una «carbon bootprint», letteralmente «impronta climatica degli scarponi» – hanno tentato di calcolarla il progetto Cost of War e l 'International Peace Bureau, soprattutto in riferimento al bellicoso e tentacolare Pentagono.

Malgrado ciò, anche l'accordo di Parigi del 2015 lasciò alla discrezione dei vari paesi i tagli alle emissioni di gas climalteranti relative al militare e perfino il suo inserimento nell'inventario nazionale che gli Stati sono obbligati a redigere.

E poi, precisa u centru di ricerche Osservatoriu di u cunflittu è l'ambiente, «anche quando le emissioni vengono riportate, in genere non comprendono la parte relativa alle forniture e alla catena di approvvigionamento, né quella relativa alle operazioni di guerra e alla distruzione che provocano».

Alla vigilia della Cop26 e su impulso della rete World Beyond War, una miriade di gruppi e istituti (dal Canada alla Micronesia) ci riprova cun una petizione rivolta alla Conferenza delle parti (per trovarla è aderire online qui), basta digitare su un motore di ricerca «Stop Excluding Military Pollution from Climate Agreements»).

Nel testo si legge: «Chiediamo alla Cop26 di stabilire rigidi limiti alle emissioni di gas serra senza eccezioni per il complesso militare, e un sistema di reporting trasparente e verificabile. Le emissioni delle attività militari di un paese fuori dai suoi confini devono essere riportati per intero e messe a carico del paese stesso». E «senza ricorrere a meccanismi di offsets» (compensazione).

Greenwashing in vista. Lo scorso giugno, la Nato – annusando i nuovi tempi – ha accettato di «verificare la fattibilità delle emissioni nette pari a zero nel 2050» per le proprie attività: ricorrendo a quali offsets? I suoi membri, poi, parlano di «ridurre le emissioni delle attività e installazioni militari senza nuocere all'efficacia e alla deterrenza»: supersonici bombardieri fotovoltaici crescono? Forse solo la pace e il disarmo possono essere amici anche del clima.

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